Lo mettiamo tra i più riusciti di Bussi? Sì, decisamente. Autore altalenante, Bussi regala perle e bijoux. Qui siamo nel campo delle perle e noi pòrci ce ne possiamo cibare fino a esserne satolli. L'ho bevuto, mangiato, scorticato in due giorni questo ultimo romanzo, Ophélie si vendica, quasi fresco fresco di forno, come il pane ben croccante.
Quella di Ophélie Croquette, detta Folette, è una storia, senza troppi giri di parole, di una vendetta, nel significato classico classico del termine, e non certo concepita nell'ombra come per Edmond Dantès. No, no, Ophélie non ne fa segreto: vuole la testa di quello che è convinta essere il responsabile della morte della madre Maja, caduta da un cavalcavia del quartiere Solano a Rouen la notte del 29 aprile 1983. L'assassino presunto è il padre Josselin ma il vero responsabile è l'assistente sociale Richard Vidame, diventato nel tempo ricchissimo e patron delle più importanti sedi di accoglienza del Paese, vero Folette?
Non vi preoccupate per questo, avrei voluto dire, non vi costerò cara in termini di risate e sorrisi, lascerò che il cuore mi si raffreddi lentamente, dovrete solo fargli un po' di posto nel frigorifero.
Una di queste sedi, la Prairie, accoglie Ophélie, e sarà la culla della sua vendetta, aiutata dall'amica inseparabile Nina e dall'amico un po' toccato ma fidatissimo Steevie. A loro si unisce Karim, un "informatore" di quel signore, ex poliziotto, Lazare, che sta aiutando Ophélie nelle sue ricerche di testimoni nel condominio da cui qualcuno deve aver visto qualcosa. O no? Ed è davvero andata così? Proprio proprio così? Ovviamente, trattandosi di Bussi, le cose sono un bel po' più complicate e la ricerca di vendetta porterà Ophélie a scoprirle (quasi) tutte, ribaltando, o forse no, la sua visione della storia. Altri personaggi si alternano ad aiutare o ostacolare Folette: la famiglia di Vidame – i figli in particolare: Antoine la ama e Consuelo la odia –; Béné, l'educatrice che la adora e la cresce come se fosse figlia sua insieme a Nina; il direttore della Prairie, Boccolini, detto Broccoli; il droghiere Pham; il cane Argo; nonna Mette e il suo compagno Bernard...
Su tutto il grande amore che Folette aveva per la mamma, la Maja regina degli esseri volanti. E poi ci sono gli elementi che tornano e ritornano: un libro di fiabe di Andersen, il gatto Bolduc, la coccinella dei dispiaceri...
Intorno a lei i personaggi sembrano seguire un copione ben strutturato, ma appena lei gira la testa ognuno riprende possesso del suo vero Io e cambia le carte in tavola. Come in ogni buon giallo che si rispetti e meccanismo di cui Bussi è maestro.
Come sempre è un libro dolceamaro, pieno di amarezza e dolore per il passato, ma anche di speranza e amore per il futuro. Scritto in prima persona da Ophélie che a ogni capitolo racconta la sua vicenda a qualcuno, si alterna a inserti narrati da altri personaggi che si rivolgono a Ophélie sottotitolati Quello che non saprai mai, Folette che aiutano noi lettori a mettere insieme tutti i pezzi, ma mantengono la coerenza del racconto come fosse quasi un interrogatorio a più voci.
Un meccanismo narrativo e letterario impeccabile. Un titolo da annotare nella colonna dei “sì, decisamente” della produzione di Bussi. Bravò!
Curioso e divertente l'accenno alla Cuauhtémoch, la nave che partecipa all'Armada di Rouen, tappa importante nella vita di Ophélie e Nina, che è un riferimento alla stessa nave e alla stessa Armada che saranno protagoniste del libro Usciti di Senna.