Che bello! Che-be-llo! Metterò quest'ultimo Tre vite una settimane tra i migliori libri di Michel Bussi insieme a Ninfee nere, Quaderno rosso, Nulla ti cancella e La mia bottiglia per l'oceano, sia per costruzione della trama che per ambientazione.
Cosa ricordiamo di noi, una volta sgualcite le nostre vite?
Noi, povere marionette.
Siamo solo esseri di panno e di carta. Un giorno ci animiamo, crediamo di vivere, crediamo di essere liberi, guardiamo da un'altra parte per non vedere i fili di nylon e le scene di cartone, abbiamo paura che lo spettacolo si fermi, che il sipario cada come una mannaia e che torniamo a essere quello che siamo sempre stati, un giocattolo sballottato da forze invisibili per il tempo di ballare un po' nella luce prima di essere nuovamente riposto in un cassetto, al buio.
Non ce n'è: quando Bussi è in forma scrive dei gialli che non sono mai solo gialli, ma veri e propri romanzi, introspettivi, profondi; tocca i temi del romanzo familiare; va a fondo dei personaggi, che scardina e da cui fa emergere paure, desideri, dolore, sensi di colpa. Fa fare loro i conti con il passato e con il presente, li costringe a mettersi davanti a se stessi e alle proprie azioni; ribalta il loro punto di vista mentre ribalta il nostro; li denuda davanti alla coscienza, ai torti, ai tradimenti, alla violenza. Mai come in questo romanzo Bussi si spinge a far soffrire un po' tutti, anche se alla fine, ciò che rimane è comunque la sensazione di una carezza. Bussi è un mago in questo. Come è un mago ad ambientare le sue storie in luoghi insoliti, che fanno venire voglia di fare la valigia, salire in macchina e raggiungerli, visitarli, viverli. Non potendo farlo, io googlo in continuazione, sempre, con Bussi. Per scoprire le usanze, i fatti storici, le leggende che impregnano i posti di cui ci racconta, piena di curiosità e di gioia di scoprire...
Dopo averci portato alle isola Marchesi, a Giverny con Monet, nei quartieri popolari di Marsiglia, all'isola di Réunion... ci porta qui nelle Ardenne, al confine con il Belgio; ma siamo anche a Parigi, a Montmartre; e in Boemia durante la Rivoluzione di Velluto... attraverso l'Europa e attraverso la Storia; attraverso la Cortina di Ferro, in cerca della libertà. Tutti i personaggi sono in cerca di qualcosa, soprattutto di serenità e vendetta.
La trama posso solo accennarla, per ovvie ragioni: la capitana Katel Marelle viene chiamata al Belvedere dei Quattro figli di Aimone (una statua assurda, andate a guardarla) a Bogny-sur-Meuse, per il ritrovamento di un cadavere che ha addosso tre patenti, di tre persone diverse, ma con la stessa fotografia e la stessa data di nascita: 29 gennaio 1977. Solo che Renaud Duval è nato a Charleville-Mézières, Pierre Rousseau è nato a Parigi e Hans Bernard è nato a Mende, in Lozère. I “tre uomini” sono i compagni di rispettive tre donne: Agnès è la moglie di Renaud da ventotto anni e vive con lui a Bourg-Fidèle, hanno due figli che vivono fuori casa. Renaud è ingegnere. Vicky è la compagna di Hans, camionista che raggiunge lei e della di lei figlia Lola una settimana al mese nell'agriturismo della donna. Infine, Éléa, affetta da sindrome di Asperger, ha una fittissima corrispondenza online con Pierre e che lei incontra raramente, ma con tantissima passione e che fa il ballerino in giro per il mondo. Chi è questa figura una e trina? Com'è possibile che lo stesso uomo sia nato nello stesso giorno in tre luoghi diversi? Ha una tripla vita? Ha preso in giro per anni queste tre donne? E com'è possibile che svolga tre lavori diversi, in punti diversi della Francia, con date regolari e aziende a cui rendere conto? Un mistero allucinante che affonda le radici nel passato, ovviamente. Un passato scuro e complesso e un punto di partenza che è la Boemia della Cortina di Ferro. Un passato misterioso in cui si aggirano figure raccapriccianti, artisti polverosi, donne con terribili segreti... e marionette.
Quello delle marionette è l'altro grande tema che mi ha affascinato tanto, venendo dal teatro. Sorprendente trovare tra le pagine il nome di Josef Skupa, misconosciuto e straordinario marionettista ceco a partire dagli anni Trenta, sul quale in Italia si trovano pochissime informazioni (agghiacciante se si pensa all'importanza che ha rivestito nel settore!).
Le marionette erano una delle poche forme di espressione autorizzate dal regime comunista. Il comitato centrale ci teneva a mantenere la lunga tradizione del raiok, dei racconti tradizionali e dei teatri di strada per distrarre le folle ignoranti in profonda campagna.
(Il rayok - letteralmente “piccolo paradiso” - era uno spettacolo russo in cui delle immagini venivano visualizzate in una scatola per mezzo di un sistema di lenti).
Sorprendente che il personaggio al quale Bussi fa riferimento sia Petruska (il nostro Pulcinella in Russia, più o meno), protagonista del celeberrimo balletto con la Ballerina e il Moro. È l'Italia la patria della Commedia dell'Arte e del genere artistico della marionetta, ma è in Francia, a Charleville-Mezières, che si svolge, ogni due o tre anni, il Festival Mondiale dei Teatri di Marionette, durante il quale la città diventa un palcoscenico a cielo aperto, per dieci giorni affluiscono artisti da tutto il mondo e arrivano più di quattrocentomila spettatori ad assistere alla miriade di spettacoli di marionette e teatro di figura, ufficiali e off. Inoltre, esploriamo Charleville-Mezières, la città dell'infanzia di Rimbaud, dove si trova la sua casa - la casa dell'Altrove -, il museo Rimbaud, e dove sono stati dipinti una dozzina di affreschi che illustrano le sue poesie più famose.
Ho teso corde da campanile a campanile,
ghirlande da finestra a finestra,
catene d'oro da stella a stella,
e danzo.
Quanta carne al fuoco per un semplice giallo! Un giallo appassionante, il cui finale sembra una follia, un volo pindarico e che invece è perfettamente logico, lineare, che si dipana piano piano fino a scoprire tutto il filo sul quale la storia corre. Un filo che parte dalla Boemia per arrivare al cosiddetto Dito di Givet, tra Francia e Belgio e alla grotta trou-à-laine, altro curioso luogo, su cui c'è una leggenda che viene raccontata nel romanzo e che lascio scoprire alla lettura per non rivelare troppo...
Un libro dunque che si divora come un giallo, ma che si assapora come un romanzo; un libro anche amaro se vogliamo, triste a tratti, che racconta come amore e violenza possano essere scambiati e come l'odio e la sofferenza corrompano il corpo e lo spirito, ma come la vendetta a volte sia un piatto che semplicemente finisce tra i rifiuti. E soprattutto un viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta di luoghi ed eventi che cambiano il corso delle vite dei protagonisti e di chi vi gravita attorno.
Bisogna davvero cercare di portare alla luce i segreti? La vita è così breve, ci vuole talmente tanto tempo a seppellirli, a sotterrarli sotto palate di bei sorrisi e strati di bei ricordi e farci crescere sopra i fiori e la vita... e dovremmo strappare tutto? Solo per orgoglio? Per l'ossessione mortifera di sapere la verità?
Una vera perla!
Tre vite una settimana, di Michel Bussi, edizioni e/o, 2023, 421 pagine. Traduzione di Alberto Bracci Testasecca