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Un male necessario, di Abir Mukherjee


L'ho comprato d'impulso con la promozione Feltrinelli due libri a 10 euro. L'ho comprato attratta dalla sinossi e dalla copertina con l'asinello. Non ho fatto bene, ho fatto benissimo. Abir Mukherjee, britannico di origini indiane, ha vinto il premio letterario Ellis Peters Historical Award con il libro precedente a questo, L'uomo di Calcutta, con protagonista sempre Sam Wyndham, capitano della polizia inglese di stanza nella capitale del Bengala Occidentale. La vicenda si svolge nel 1920, quando Wyndham e "Surrender-Not" Banerjee, sergente indiano, sono testimoni dell'omicidio del principe ereditario Adhir  Singh Sai di Sambalpore a opera di un killer professionista abbigliato e truccato come un seguace di Jagannath, il dio senza braccia e senza gambe, dai grandi occhi, "originario" di Puri (Orissa). Ma, come spesso succede, la religione cela scopi molto terreni. L'indagine porterà Wyndham e Banerjee al Palazzo del Sole di Sambalpore, tra grandi lussi, complessi intrecci politici, affollati zenana (le zone destinate alle donne), intricate discendenze e moltissimo mistero. 

La trama gialla è intrigante e con un finale a sorpresa (anche se un po' prevedibile), ma la ricchezza di Un male necessario sta nella scoperta di tante curiosità su un Paese così misterioso, affascinante e potente come l'India e sui complicati e spesso ostici rapporti tra indiani e inglesi. Belle le pagine dove Mukherjee descrive gli ambienti, i riti celebrativi degli dèi, gli abiti e i gioielli, i funerali, con le pire e gli elefanti che si inginocchiano e piangono:

«È sorpreso?», disse Arora. «Quando un figlio del cielo torna a casa, perché anche gli animali non dovrebbero essere tristi?».

Ma ancora più interessante è andare alla scoperta dell'India "verace", lontana dai pregiudizi degli occidentali, soprattutto riguardo al trattamento delle donne:

Lasci i suoi pregiudizi a Calcutta. O meglio ancora, a Londra. Alcune donne dello zenana sono le affariste più in gamba di Sambalpore.

In particolare mi è piaciuta moltissimo la parte dell'interrogatorio di una donna dello zenana: un interrogatorio strano, visto che il capitano non può vedere l'interrogata, molto interessante nel suo svolgimento, che mette in risalto come il nostro immaginario da serie tv occidentali ci preclude tutto un altro mondo, fatto di usi e costumi diversi, interessanti e altrettanto carichi di suspence.

Perché è vero, ammettiamolo, abbiamo in testa, più o meno tutti, un'immagine preconfezionata dell'India e pensiamo che sia la realtà. In parte, naturalmente, lo è, ma c'è molto di più. 

Questa è l'India, capitano. (...) La veda com'è davvero, non come i vostri imperialisti e professori di orientalismo vogliono farle credere che sia. Finché non lo farà, non ci comprenderà mai.

Lontano dalla complessità e dalla "corposità" di romanzi come Shantaram di G. D. Roberts, o La città della gioia di D. Lapierre, o La grande pioggia di L. Bromfield, questo giallo, leggero e fresco, ci porta nondimeno alla scoperta di questo mondo esotico e particolare, con una struttura da romanzo giallo alla Agatha Christie (la ricorda molto, soprattutto in certe atmosfere à la Assassinio sull'Orient Express) e tutto il sapore esotico del libro ambientato in un luogo così affascinante e misterioso come l'India. Imperdibile!

Note a margine: Amo questo genere di gialli, che insieme al mistero e alla curiosità di scoprire chi è l'assassino, ci accompagnano alla scoperta di ambienti e tradizioni diverse dalla nostra. Una grande ricchezza, perché impariamo cose nuove con la leggerezza di un intreccio intrigante. Mi spiace solo che questo sia il secondo libro di una serie che inizia con L'uomo di Calcutta e finisce con Fumo e cenere. Li prenderò perché ci sono personaggi che sono chiaramente introdotti nel primo e che mi piacerebbe approfondire. Ma anche se è il secondo si legge benissimo e non si sente la mancanza di una "premessa".

Un male necessario, di Abir Mukherjee, Universale Economica Feltrinelli/Noir, 2019, traduzione di Alfredo Colitto, 342 pagine. Traduzione di Alfredo Colitto

Il gatto nella foto: questi piccoli multipli d'arte seguono i percorsi immaginati dall'autrice, Antonella Cicalò, ma possono interpretare anche il flusso dei pensieri del committente che darà così lo spunto per realizzare il suo personale “gatto maestro”, unico e irripetibile. Questi collages sono realizzati con frammenti di riviste letterarie e da collezione, stagnola, legno da recupero e componenti industriali del pet food. Ogni pezzo è unico. Per visitare il suo sito, qui !

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