Passa ai contenuti principali

Post

Il dio dei boschi, di Liz Moore

Se si inizia si finisce. È necessario. E se non si può, il pensiero va sempre lì, ai boschi delle Adirondack , a quell’agosto 1975, l’anno della scomparsa di Barbara Van Laar dal campo estivo di proprietà della sua famiglia, residente alla tenuta che è stata soprannominata Fiducia-in-sé-stessi , dove il padre Peter e la madre Alice ancora piangono la scomparsa del figlio Bear , avvenuta nel 1961. Un intreccio molto classico: adolescente difficile scomparsa, famiglia ricca e disfunzionale – madre depressa, padre autoritario –, sottoposti legati alla famiglia con segreti condivisi, figli di papà violenti e arroganti, ragazzine disorientate... tutto il corollario di un thriller a forti tinte dall’impianto letto e riletto. Ma... Quel ma sta nella scrittura di Liz Moore che a questo tanto celebrato (a ragione) Il dio dei boschi ha donato un ritmo straordinario, scorrevolezza, suspense e tanta intelligenza. Ogni capitolo ha come protagonista uno dei personaggi, quasi tutte donne, di cui...
Post recenti

A Londra non serve l’ombrello, di Francesca Sangalli

  È importante ridimensionare, ritrovare il senso delle piccole cose di questo momento, sentire come il nostro nido sicuro non sarà a prova di catastrofe ma certamente ha un calore che mi sono conquistata e guadagnata. E bisogna difenderlo, anche dall’autoboicottaggio, bisogna proteggerlo senza arrendersi. Non ho mai cercato me stessa nei libri; non mi è mai interessato, anzi; ho sempre cercato punti di vista differenti, personaggi differenti, esperienze differenti. In questo caso invece ci sono trovata a empatizzare moltissimo con  Francesca Sangalli , le sue paure e i suoi desideri, pur nelle umane differenze... e mi è piaciuto molto, mi sono sentita in qualche modo capita, come se il suo percorso potesse essere in qualche modo il mio, anche se sotto altre forme. La spinta a cambiare, spostare la prospettiva, fare cose nuove, testare i propri limiti... pur avendo il culo di piombo. Io ce l’ho bello pesante e probabilmente non andrei a vivere all’estero per tutta una serie di...

L'isola sotto il mare, di Isabel Allende

L’isola sotto il mare è la Guinea . Siamo a fine Settecento – la storia inizia nel 1770 –, durante la bruttissima epoca dello schiavismo nelle colonie, quando l'America era ancora dei nativi ma le avide e arroganti mani dell’Occidente avevano già strangolato la libertà umana.  Tarité, Tété , è nata schiava e finisce a essere di Toulouse Valmorain diventato possidente suo malgrado di una tenuta a Saint-Domingue . Personaggio controverso, perché da un lato soffre della crudeltà inflitta agli schiavi da parte del suo attendente, Prosper Cambray , dall’altro tratta Tarité come una pezza da piedi, la violenta a undici anni, dà via il figlio avuto da lei “cedendolo” all’ex amante Violette Boisier  – bellissimo personaggio, nera, prostituta, sposa di Étienne Relais , capitano dell’esercito – e anche se non la frusta mai le infligge umiliazioni profonde. Figlio del suo tempo, sicuramente, schiavo a sua volta di convenzioni e atteggianti obbligatori per il suo censo. Ma non sembra gl...

Come il vento tra i mandorli, di Michelle Cohen Corasanti

Mi arrampicai sul mandorlo: Abbas e io l’avevamo chiamato Shahida, “testimone”, perché passavamo moltissimo tempo tra i suoi rami a guardare gli arabi e gli ebrei [...] Avevamo battezzato l’ulivo a sinistra Amal, “speranza” e quello a destra era Sa’dah, “felicità”.  «Com’è possibile che l’ebrea americana Michelle Cohen Corasanti sia stata in grado di descrivere con tanta fedeltà la realtà palestinese nel Triangolo? La risposta è semplice. In quanto ebrea, a Michelle è stata concessa la possiblità di vivere all’interno dei confini stabiliti dall’armistizio del 1949 e di osservare in prima persona la vita dei palestinesi rimasti all’interno di quello che sarebbe diventato lo Stato d’Israele [...] Inoltre Michelle è arrivata sul luogo con la mente aperta e il desiderio di conoscere la verità». Questo è l’inizio della postfazione scritta da  Ahmad Abu Hussein , palestinese, collega universitario di Michelle Cohen Corasanti , amico strettissimo e compagno di esperienze, ora docent...

Carne e sangue, di Michael Cunningham

Le storie delle famiglie sono spesso le storie dei dolori delle famiglie; come se il dolore fosse l’unica cosa che vale la pena essere raccontata. Chissà, forse è vero, ma è anche vero che la naturale alternanza vita/morte/vita non sempre porta con sé dolore. Le famiglie sono organismi complessi, appartenenti a specie ibride, incroci tra creature che odiano, amano, piangono, cambiano, evolvono, involvono, sperano, scappano, insistono, gridano, si riproducono, crescono... o forse tutto l’opposto. Organismi vivi che si contorcono intorno ai genitori solitamente, o a chi viene eretto a genitore putativo, come fedeli che danzano intorno alle statue dell’idolo di turno. O che allontanano da esso in una sorta di autoscomunica salvifica. L’allontanamento o l’emulazione del genitore sembra essere alla base di tutti i meccanismi umani. Così come i corsi e ricorsi nelle vite dei componenti della famiglia. Non sono molto d’accordo con questo schema ma i romanzi costruiti intorno a questo concetto...

Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno, di Benjamin Stevenson

 Benjamin Stevenson è il componente di un duo molto affermato di stand-upper australiani insieme al fratello gemello James, The Stevenson Experience . E la vena comica si sente parecchio in questo thriller, congegnato benissimo e a tratti veramente divertente.  Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno è la storia della famiglia Cunningham , in cui ogni componente ha in saccoccia la sua bella dose di peccati e che si ritrova per una réunion al gran completo in uno chalet ad alta quota tra le montagne australiane, in occasione dell’uscita di galera di Michael , fratello del protagonista e narratore in prima persona, Ernest , autore di manuali per scrittori di gialli. E infatti da subito Ernest ci tiene a farci sapere che tutto quello che racconta rientra nelle regole del giallista perfetto, elencandone via via le caratteristiche. Gustoso escamotage che rende la lettura non solo appassionante, ma curiosa e divertentissima. Le prime pagine sono veramente carine, ma...

La torre d’avorio, di Paola Barbato

... fare i conti con qualcosa di concreto, da cui puoi allontanarti, a cui puoi voltare le spalle, è più semplice che combattere con qualcosa che ormai esiste solo nella tua testa. Ne ho letto su una rivista e mi ha incuriosita. Ma ahimè, non mi ha entusiasmata. In La torre d’avorio di Paola Barbato i presupposti sono gustosi ma si perdono in un romanzo che ha molte direzioni, molti temi sul piatto, che però vengono annacquati da un finale a mio parere un po’ assurdo e anche buttato lì. Mi spiace essere così tranchant e sicuramente leggerò altro di questa autrice che secondo me dovrebbe piacermi molto. Forse ho iniziato dal libro sbagliato.  Ci sono stati momenti, soprattutto verso il finale, in cui ho pensato fosse una genialata, un ribaltamento di piani, una verità celata da mille veli di ipocrita opportunismo... e invece no. È tutto molto normale, molto “detto”, molto “lì da vedere”. Il finale è prevedibile, i personaggi anche ma con punte di assurdità, in preda a traumi stra...